giovedì 21 gennaio 2010

Disagi giovanili e possibili derive


Votaci su Net-Parade.itIl disagio giovanile è da taluni considerato una "patologia sociale". Molte le notizie che riguardano episodi di violenza perpetrati da giovani - quando non crimini veri e propri - riportate dai mezzi d'informazione con preoccupante frequenza. Per quanto vi sia un fenomeno di amplificazione delle notizie da parte dei media, che a volte rendono alcuni fenomeni più allarmanti di quanto non siano in realtà, la questione delle derive giovanili non può e non deve essere sottovalutata.
Il disagio giovanile peraltro è diffuso trasversalmente. Sarebbe una semplificazione ridurre il problema a una questione di marginalità, demandarne la responsabilità a famiglie sconnesse o quantomeno "disattente", e circoscrivere il fenomeno alle classi sociali più disagiate. Numerosi episodi hanno visto protagonisti ragazzi appartenenti alla classe media, e gang o altre forme di aggregazione tra pari che cadono in eccessi e violenza si formano ovunque. Le istituzioni di socializzazione, sembrano incapaci di rispondere ai mutati scenari della gioventù e diventano spesso esse stesse fonte di disagio, restando spettatrici impotenti.
Vi è davvero un rischio derivante dai giovani e dalle loro derive? In quale proporzione? Gli eccessi del sabato sera, come l'abuso di alcool e di sostanze psicotrope che alterano le coscienze, possono trasformare alcuni giovani in pericolosi potenziali kamikaze, e questo rappresenta un rischio definito. Ma anche senza l'uso di tali sostanze, in determinate situazioni si sono verificati atti inusitati, quale il lancio di pietre dai cavalcavia dell'autostrada, assurto, in un certo momento della nostra storia, ad atto paragonabile ad uno sport e mai del tutto esaurito, come dimostrano i sassi lanciati dal ponte di villa Borghese, a Roma, sulle auto che transitavano per il viale del Muro Torto, il 18 settembre scorso.
Questo tipo di crimine giovanile viene spiegato dagli stessi responsabili come conseguenza di noia, senso di alienazione, mancanza di prospettive per il futuro, così come molti atti di vandalismo gratuito, che dimostrano come talvolta il problema stia nelle difficoltà di aggregazione dovute alla mancanza di luoghi dove le energie vengano convogliate in qualcosa di positivo.
Sezioni di partito e oratori delle parrocchie, indicati come i luoghi di aggregazione per eccellenza, diffusi sul territorio e radicati nella vita sociale, non sembra siano riusciti ad adeguarsi ai cambiamenti della società, che ha fatto del successo e della crescita economica individuale il modello da seguire. Tra oratori meno frequentati di un tempo e sezioni di partito dove l'età media si è innalzata considerevolmente, la diffusione dei valori fondamentali della società è affidata ai mezzi di comunicazione e alle famiglie. Sono dunque queste ultime le responsabili del malessere che affligge la gioventù?
Solitudine, fragilità e crisi dei valori sono certamente anch'essi ingredienti del disagio giovanile, ma sono riconducibili ad una crisi educativa, al punto che molti esperti identificano il disagio giovanile con una più definita "emergenza educativa", dove le famiglie giocano il loro ruolo, certamente importante, ma non dimenticano le responsabilità della scuola e delle Istituzioni.
Il disagio si può trasformare in devianza, e quest'ultima in crimine. È il caso delle cosiddette baby gangs, fenomeno relativamente recente in Italia, che si dedicano ad attività illecite quali furto, aggressione, atti vandalici e reati connessi all'uso di droghe. I reati compiuti da minorenni appartenenti a queste bande sono per lo più aggressioni e vandalismo e piccoli reati collegati con la detenzione di sostanze stupefacenti; quando invece si tratta di reati in concorso con maggiorenni, si tratta di reati ben più gravi quali rapine, e spaccio
(1) .
Il crimine giovanile in Italia non è omogeneo e presenta caratteristiche diverse tra il Nord ed il Sud della penisola: sarebbe il Nord a subire il maggior numero di reati giovanili secondo il rapporto "Minori stranieri e giustizia minorile in Italia"
(2) del Dipartimento Giustizia Minorile, 2007. I dati si riferiscono alle denunce, e ciò potrebbe anche significare che nel meridione i reati commessi vengono denunciati meno spesso che al Nord. Il rapporto indica anche che il 29% dei denunciati non sono italiani e che esiste una suddivisione delle attività criminali minorili su base nazionale. I minori stranieri, inoltre, sono meno coinvolti di quelli italiani in reati contro la persona.
Ancora, in ambito europeo l'Italia è il paese dove i reati commessi da minori rappresentano la percentuale più bassa (2,5%). Secondo i dati del Dipartimento per la Giustizia Minorile dell'UE del 2006, i Paesi dell'Europa centro-settentrionale presentano invece un tasso elevato di delinquenza minorile (Germania 13%, Francia 21%, UK 24%). Probabilmente, la motivazione sta nel miglior tessuto familiare e nel ritardato accesso alla responsabilità individuale visto che i giovani restano in famiglia più a lungo. Bisogna chiedersi come la normativa si adegui ai cambiamenti anche in ambito criminale e come le Istituzioni preposte rispondano in base agli strumenti di cui dispongono.

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